Assegno di inclusione, cosa si rischia con le dimissioni? Attenzione a questi casi, si rischiano pene severe

Non c’è da dormire sonni tranquilli con il nuovo Assegno di inclusione: basta poco per perderlo e si rischiano anche pene severe. 

Nato per sostituire il vecchio Reddito di cittadinanza, in realtà l’assegno di inclusione si sta mostrando molto diverso dal suo predecessore. Molti rischiano di perderlo a causa di una “disattenzione”.

Assegno di inclusione cosa succede a dare le dimissioni
Molte famiglie stanno già perdendo l’assegno di inclusione – huntermagazine.it

L’assegno di inclusione è stato messo in campo dal Governo di Giorgia Meloni per sostenere le famiglie in difficoltà. Esso consiste in un contributo di 500 euro al mese a cui se ne possono aggiungere altri 280 per chi vive in affitto. La sua durata è di 18 mesi e, dopo un intervallo di un mese, può essere prorogato per altri 12.

Fin qui sembrerebbe, tutto sommato, uguale al vecchio Reddito di cittadinanza. Invece non lo è affatto. La differenza più importante è questa: per avere diritto all’assegno di inclusione non è sufficiente avere un reddito basso. È necessario che tra i componenti della famiglia ci sia anche un soggetto non occupabile: un disabile, un minorenne o una persona con almeno 60 anni di età.

Ma questa non è l’unica differenza tra il vecchio sussidio dei Cinque Stelle e il nuovo aiuto studiato dal Governo Meloni. Perdere l’assegno di inclusione è veramente molto più semplice di quel che si possa credere. In particolare se un componente della famiglia fa una certa cosa, tutto il nucleo familiare perderà subito l’aiuto statale.

Assegno di inclusione: non fare mai questa cosa

Centinaia di famiglie potrebbero perdere l’assegno di inclusione. Infatti basta che un solo familiare faccia una certa cosa e ci sarà l’immediata decadenza del sussidio. Vediamo cosa non bisogna fare per non perdere l’aiuto.

Cosa da non fare per non perdere l'AdI
Non fare questa cosa o tutta la tua famiglia perderà l’assegno di inclusione – huntermagazine.it

Per ottenere l’assegno di inclusione è necessario avere un reddito annuo non superiore a 6000 euro e che tra i componenti della famiglia ci sia almeno un soggetto “non occupabile“. Oltre a ciò ci sono altri requisiti da soddisfare. Tra questi ce ne è uno fondamentale: nessun componente della famiglia deve aver dato le dimissioni volontarie nei 12 mesi antecedenti alla richiesta. Se un solo membro del nucleo familiare si è licenziato da meno di 12 mesi, l’Inps rigetterà la domanda.

Dopo aver ottenuto il sussidio, del resto, nessun componente della famiglia deve licenziarsi altrimenti ci sarà l’immediata decadenza dell’assegno di inclusione. Le uniche eccezioni ammesse sono le dimissioni per giusta causa – in caso di certificato mobbing sul lavoro, ad esempio- oppure in caso di licenziamento per cambio lavoro. In questi due casi la famiglia potrà continuare a ricevere l’aiuto da parte dell’Inps

Ai tempi del Reddito di cittadinanza le regole erano meno rigide: la famiglia non perdeva il sussidio ma il soggetto che si era licenziato veniva escluso dalla scala di equivalenza ai fini di stabilire l’importo dell’aiuto che spettava al nucleo familiare. Con il Governo Meloni le regole sono cambiate.  Attenzione a non fare i furbetti perché si rischia grosso. Se uno dei membri della famiglia si licenzia dal lavoro e il nucleo familiare non lo comunica all’Inps entro 30 giorni,  oltre alla decadenza del sussidio, si rischia addirittura la reclusione da uno fino a tre anni.

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